L’Italia ha perso tre posizioni piazzandosi così al 30esimo posto della classifica di 63 Paesi più l’UE nella lotta al cambiamento climatico a causa del rallentamento dello sviluppo delle rinnovabili e per una bassa performance nella politica climatica nazionale.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) prevede una riduzione delle emissioni del 51% entro il 2030. Questo è ciò che emerge dal rapporto annuale delle Ong Germanwatch, Climate action network e New Climate Institute in collaborazione con Legambiente.

Il rapporto prende in considerazione le performance climatiche di 63 paesi, più l’Unione Europea in generale, che insieme costituiscono il 92% delle emissioni globali. La performance viene misurata tramite un indice chiamato Climate Change Performance Index (Ccpi) e prende in considerazione gli obiettivi relativi all’Accordo di Parigi e gli impegni da portare a termine entro il 2030. Il Ccpi si basa su diversi fattori: il trend delle emissioni, lo sviluppo sia delle rinnovabili che dell’energia energetica e sulla politica climatica.

“Il peggioramento in classifica dell’Italia – spiega Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente – ci conferma l’urgenza di una drastica inversione di rotta. Si deve aggiornare al più presto il Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti, in linea con l’obiettivo di 1,5 gradi centigradi, di almeno il 65% entro il 2030. Andando quindi ben oltre l’obiettivo del 51% previsto dal Pnrr e confermando il phase-out del carbone entro il 2025 senza ricorrere a nuove centrali a gas. L’Italia ha a disposizione ben 70 miliardi, allocati dal Pnrr per la transizione ecologica, da investire per superare la crisi pandemica e fronteggiare l’emergenza climatica, attraverso una ripresa verde fondata su un’azione climatica ambiziosa, in grado di colmare i ritardi del Pniec e accelerare la decarbonizzazione dell’economia italiana in coerenza con l’obiettivo di 1,5 gradi dell’Accordo di Parigi. Solo così l’Italia potrà essere protagonista in Europa nell’impegno comune per fronteggiare l’emergenza climatica. Una sfida che possiamo e dobbiamo vincere”.

Le prime tre posizioni della classifica anche quest’anno risultano vuote: nessun paese ha infatti raggiunto la performance necessaria per contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi.

Come sempre in testa alla classifica troviamo Danimarca, Svezia e Norvegia che, posizionandosi dal quarto al sesto posto, si confermano essere i paesi più attenti alle rinnovabili. Fanalino di coda i principali esportatori e utilizzatori di combustibili fossili, ovvero Arabia Saudita, Canada, Australia e Russia.

La Cina, principale responsabile delle emissioni a livello globale, si classifica al 37esimo posto. Le sue emissioni continuano a crescere nonostante ci sia un avvicinamento sempre maggiore al mondo delle rinnovabili. Alla posizione numero 55 troviamo gli Stati Uniti, secondo emettitore globale, che rispetto all’anno scorso hanno guadagnato alcune posizioni grazie alla nuova politica climatica ed energetica voluta dall’amministrazione Biden.

Tra i restanti paesi del G20, solo Regno Unito, Francia, India e Germania si posizionano entro la prima metà della classifica. Nel complesso l’Unione perde sei posizioni finendo al 22esimo posto a seguito delle performance di Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca.

Fonte: rainews.it

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